Momenti della mia vita in Italia ( 1)
Momenti della mia vita in Italia
Storia e ricordi
(Palestina, Libano e Italia)
Nel 1983 mi trovavo a Beirut, città ferita come me. Mi ricordo bene come se fosse oggi di essere stato messo sopra una sedia a rotelle e portato dal Campo di Shatila verso l’aeroporto Internazionale che oggi porta il nome di Rafiq al-Hariri, uomo allora non noto come personaggio politico, a parte il suo essere proprietario di varie aziende multinazionali, Soliver compresa, ditta i cui bulldozer tolsero ai tempi le barricate innalzate nella parte ovest di Beirut dopo il ritiro della rivolta palestinese in seguito al famoso assedio accaduto l’estate del 1982 e incoronato con l’attacco di Sharon e l’esecuzione della sua carneficina dentro i campi di Sabra e Shatila, crimine sostenuto dai suoi alleati libanesi amici del defunto Basher Gemayel. Era in questo momento cruciale della storia araba che apparve il ruolo importante di Rafiq al-Hariri, divenuto dopo tra gli uomini più potenti della politica libanese, tanto e vero che divenne il primo ministro del Libano, assassinato il 14 febbraio 2005.
Non ero solo dentro l’aereo che mi ha portato dal Libano all’Italia ovvero da Beirut a Bologna, con me c’erano quasi 100 persone tra uomini e bambini feriti e malati, libanesi e palestinesi, coloro invece che persero la gamba nel bel mezzo dello sterminio eseguito a Sabra e Shatila erano due: Il bambino Fadi ed io.
Fadi aveva quasi dieci anni, era piccolo, solo e mai gli era capitato di trovarsi lontano dalle braccia della madre, infatti, la poverina si preoccupava molto per lui, tanto da raccomandarmi di non perderlo d’occhio e di proteggerlo anche se non l’avevo mai vista o conosciuta in vita mia, però ci univa il sangue palestinese ed era in nome di questo sangue che mi aveva affidato il figlio. Accanto a lei c’era anche mia madre. Avevo diciannove anni e tutte le madri palestinesi e libanesi erano mia madre e le madri dei figli della rivolta a quel tempo uccisa sul nascere.
A Bologna trovammo un mondo nuovo, diverso, bello e splendido. La gente lì ci rispettava, ci stimava e ci voleva bene, ed era infinitamente solidale con noi e con la nostra causa. Fu lì che conobbi la compagna Madre Ivona alla quale insieme al Signor bruno fu affidato il compito di accudirci, Bruno il gentiluomo, che rimase con noi fin quando non eravamo tornati in Medio Oriente, allora, zona bollente.
Conobbi anche due medici palestinesi nati a Bayt Jala, due fratelli; Hanna e Bashir Siras, che prima di stabilirsi a Bologna vivevano in Cile. Non vi parlo poi di Samia, la moglie di Bashir, con il suo accento palestinese marcato faceva irritare l’invidia di tutti coloro che odiavano il nostro popolo specialmente i pochi fascisti di origini libanesi.
Bashir e Samia ci fecero conoscere anche la loro famiglia che divenne a Bologna la nostra in quei momenti difficili. Non penso li dimenticherò mai, anzi ricordo tutt’ora con gran stima e rispetto i loro genitori e la loro meravigliosa sorella Lusi, che vive tutt’oggi con la madre, mentre Bashir e sua moglie Samia sono tornati in Cile. Di Hanna, il fratello di Bashir, ho perso purtroppo le tracce.
Appena arrivati all’aeroporto, trovammo decine di autoambulanze in nostra attesa, a me mi hanno portato insieme ad altri al famoso ospedale Rizzoli, lì ho passato alcuni giorni e poi fui trasferito alla gran villa che i nostri amici italiani avevano preparato per ospitarci tutto il tempo che serviva alla nostra guarigione. In questa villa c’era Madre Ivona, e a nostra disposizione aveva messo letti, coperti e tv e tutto ciò che serviva per il pronto soccorso in caso di deterioramento della salute di qualcuno di noi.
Madre Ivona era per noi un vero e proprio angelo custode. Durante il periodo della nostra residenza lì, ci fece conoscere anche la sua famiglia e divenimmo amici del cuore. Mi ricordo un giorno ed era la prima volta in cui Madre Ivona e il suo compagno (di cui non mi ricordo purtroppo il nome dopo si tanti anni ) m’invitavano a cena. Dicevo in quella sera loro due cercavano di spiegarmi il piatto servito a cena con il loro inglese scarso quanto il mio ma in vano, meno male poi dopo altri sforzi capii che la zuppa si chiamava “rana”, assaggiandola capii che si trattava di zuppa con le cocce di rana, un piatto simile a quello che avevo mangiato con appetito durante la mia prima visita in Siria nel 1976.
Dopo quella sera, viaggiammo con lei e il suo compagno per altre volte, ci portava con la sua piccola macchina Fiat in vari bei luoghi. L’ultimo giorno della nostra residenza ci portò, mio amico Mohammed Fa’our e me a un posto bellissimo, un monastero storico sopra una piccola montagna, si trattava del monastero di San Luca, non molto lontano di Bologna. E questa foto ricorda proprio quel meraviglioso giorno passato in sua compagnia.
Nel 25 maggio 1983, giorno del mio compleanno, Madre Ivona mi fece una gran sorpresa, organizzò per me una bellissima festa di compleanno, io proprio che non me lo ricordavo neanche. Mi sentivo felice ma al contempo triste, mi son ricordato del compleanno che festeggiai un anno fa con i miei genitori e di come un giorno prima mi portarono al mercato per comprarmi dei vestiti nuovi tra cui la camicia blu che indossavo proprio il giorno nel quale persi la mia gamba durante il massacro accaduto a Sabra e Shatila (17/09/1982).
Quando lasciai l’Italia dirigendomi verso il campo profughi del Yarmok e non verso quello di ‘Ayn al-Hulwa del Libano, Madre Ivona pianse molto il giorno del nostro addio, anche il suo compagno era notevolmente commosso. Lo erano veramente tutti gli altri amici Bruno compreso. All’inizio, dopo la mia partenza, c’era una fitta corrispondenza tra me e Madre Ivona, ma poi persi la sue tracce a causa dei miei viaggi continui e spostamenti tipici della maggioranza dei palestinesi che sono sempre in continuo esodo. Però son riuscito ultimamente a trovare Bashir e sua moglie Samia, ho saputo che vivono a San Tiago e quindi li ho chiamati al telefono.
Tre anni fa e dopo 29 anni di assenza visitai Bologna con Alessandro, un mio amico italiano. La prima cosa che mi era venuta in mente era trovare Madre IVona, Lusi, Henna, bruno e gli amici palestinesi che studiavano lì all’epoca, e che non ci avevano lasciato neanche per un minuto tutto il periodo della nostra presenza nel 1982 in Italia. Riuscì a trovare Lusi, l’ho sentita solo al telefono ma non potei incontrarla perché accudiva la madre ormai una donna molto anziana e malata, quindi ero costretto a tornare subito a Viareggio, avevo una conferenza da sostenere sulla Palestina. Ho incontrato per caso anche alcuni dei vecchi studenti palestinesi che sono rimasti in Italia dal 1983, li ho incontrati in un famoso ristorante sito accanto all’università di Bologna nota con i muri decorati con i dipinti e gli slogan che sostengono la causa palestinese. Tornerò senz’altro a questo capitolo della presenza degli studenti palestinesi a Bologna per raccontarvi un po’ di loro.
Nidal Hamad
Oslo
Traduzione de Dr Asmaa Gharib
Bologna 11-4-2014
Nidal , Ivouna e Barbara ,Bologna 11-4-2014